Il Sole non è tranquillo come sembra

A vederlo dal mare o da un balcone al tramonto sembra sempre uguale: un disco arancione che scompare all’orizzonte.
In realtà, il Sole è una stella irrequieta, che ogni tanto si “accende” in modo violento, lanciando nello spazio enormi quantità di energia.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Space Weather ha analizzato quasi 90 anni di attività solare, dal 1937 al 2024, e arriva a una conclusione chiara:

Le grandi tempeste solari non sono del tutto casuali
e il 2024 è stato uno degli anni più estremi dell’era moderna.

E questo ha conseguenze dirette anche su di noi: aurore boreali in cieli insospettabili, possibili problemi a reti elettriche e satelliti, e un’attenzione crescente verso quello che oggi chiamiamo “meteo spaziale”.

Un “contachilometri” dell’energia del Sole

Per capire come si comporta il Sole nel lungo periodo, i ricercatori hanno costruito un archivio continuo dell’attività dei brillamenti solari (le esplosioni di luce ed energia sulla superficie della stella) dal 1937 al 2024.

In pratica hanno fatto tre cose:

  • hanno raccolto i dati di due osservatori storici, in Repubblica Ceca e in Turchia
  • hanno trasformato ogni brillamento in un numero, chiamato Solar Flare Index (SFI): più è alto, più energia è stata rilasciata in quel giorno
  • hanno calcolato questo indice separatamente per emisfero, nord e sud del Sole: è il nuovo hSFI, l’indice emisferico

Risultato: abbiamo una sorta di “contachilometri energetico” del Sole, giorno per giorno, per quasi 90 anni, e sappiamo se l’attività era più forte nella parte nord o nella parte sud del disco solare.

Maggio 2024: la tempesta che entra nei libri di storia

In mezzo a questi 90 anni di dati ce n’è uno che svetta su tutti: maggio 2024.

Secondo lo studio:

  • il 6 maggio 2024 il Sole ha raggiunto il valore SFI più alto di tutta la serie 1937–2024
  • il brillamento che ha stabilito il record è partito dall’emisfero nord, ma subito dopo si è accesa anche la parte sud con altri eventi molto forti
  • questi brillamenti erano accompagnati da espulsioni di massa coronale (CME), enormi nuvole di plasma magnetizzato dirette verso la Terra

Pochi giorni dopo, intorno all’11 maggio 2024, la risposta del nostro pianeta non si è fatta attendere:

  • l’indice geomagnetico che misura la forza della tempesta ha mostrato una fortissima perturbazione del campo magnetico terrestre
  • il disturbo è stato talmente intenso da far comparire aurore a latitudini insolitamente basse, anche in zone dove normalmente non si vedono mai

Gli esperti mettono a confronto questo evento con la famosa tempesta del 1989:

  • la tempesta del 1989 è stata più violenta su breve durata (nell’arco di alcune ore)
  • quella del 2024 è stata più “lunga e pesante” nel tempo, con effetti molto forti su scala di giornate intere

Insomma, il 2024 entra di diritto tra gli anni più turbolenti per il Sole da quando abbiamo misure sistematiche.

Il Sole è “sbilanciato”: il Sud domina, ma il record è del Nord

Una delle scoperte più interessanti riguarda il confronto tra emisfero nord ed emisfero sud del Sole.

Analizzando i dati, i ricercatori hanno visto che:

  • dai cicli solari 17–21 (più o meno dagli anni ’40 ai primi anni ’80) i grandi brillamenti erano più frequenti nell’emisfero nord
  • dal ciclo 22 in poi (fine anni ’80 fino a oggi) c’è stata un’inversione: in media è l’emisfero sud a essere più attivo

Questa asimmetria è molto evidente nei numeri, ma il motivo fisico non è ancora chiaro.
Sappiamo però una cosa: il Sole non è perfettamente simmetrico. Ci sono periodi storici in cui tende a “scaricare” più energia su un emisfero che sull’altro.

E qui arriva il paradosso curioso:

Il record assoluto di intensità dei brillamenti del 6 maggio 2024
arriva proprio dall’emisfero nord,
pur in una fase storica in cui, nel complesso, è stato il sud a mostrarsi più attivo.

Aurore spettacolari a bassa latitudine

Nel loro lavoro, gli autori analizzano tutti gli episodi di aurore visibili a latitudini insolitamente basse dal 1937 in poi.
Ne risultano solo sette grandi eventi in quasi 90 anni: sono rarissimi.

Questi episodi:

  • compaiono quasi sempre vicino al massimo del ciclo solare, quando il Sole è più attivo
  • sembrano seguire anche un ritmo di lungo periodo, con una componente di circa 30 anni

Usando tecniche di intelligenza artificiale e machine learning, gli scienziati notano che:

  • tutti i grandi eventi di aurore a bassa latitudine dal 1937 a oggi cadono in una fase “favorevole” di questa oscillazione trentennale
  • nelle fasi opposte, invece, non si osservano eventi comparabili

Questo non significa che si possa prevedere il giorno esatto in cui apparirà un’aurora spettacolare a bassa latitudine, ma suggerisce che:

esistono “finestre storiche” in cui il sistema Sole–Terra
è più predisposto a produrre eventi estremi,
come quelli del 1989 o del 2024.

In altre parole, ci sono periodi in cui è più probabile che le aurore si spingano fino a latitudini come quelle dell’Italia, e altri in cui questo è molto difficile.

All’interno di queste finestre, i ricercatori individuano anche oscillazioni più brevi che, in certe fasi, aumentano ulteriormente la probabilità che il Sole produca tempeste molto intense.
Non servono formule: il messaggio è che il comportamento solare ha più strati, un po’ come onde che si sommano tra loro.

Cosa rischiamo davvero: il lato scomodo delle aurore spettacolari

Le immagini delle aurore viste nel 2024 hanno fatto il giro del mondo: cieli colorati, archi luminosi, foto mozzafiato.
Ma dietro questo spettacolo ci sono processi fisici che, in certe condizioni, possono diventare pericolosi per le nostre infrastrutture.

Gli autori dello studio lo dicono chiaramente:

Eventi paragonabili o più forti del 2024 sono possibili,
e in passato – come nel famoso Evento di Carrington del 1859 – si sono verificati episodi probabilmente ancora più estremi.

La differenza è che oggi viviamo in un mondo:

  • pieno di reti elettriche ad alta tensione, estese su interi continenti
  • densamente popolato di satelliti per internet, GPS, telecomunicazioni, meteo
  • basato su sistemi digitali e infrastrutture critiche interconnesse

In questo contesto, una grande tempesta solare può:

  • generare correnti indotte nelle linee elettriche ad alta tensione
  • disturbare o danneggiare trasformatori e sottostazioni
  • creare problemi a satelliti, comunicazioni radio, navigazione aerea
  • costringere i gestori a spegnimenti controllati per evitare danni peggiori

Per questo lo studio insiste su tre punti:

  • monitorare il Sole in modo continuo, con strumenti sempre più precisi
  • studiare indici come SFI, hSFI, vento solare e campo magnetico interplanetario
  • aggiornare i piani di protezione delle reti elettriche e delle infrastrutture critiche, trattando il meteo spaziale come un rischio reale e non come semplice curiosità scientifica

La morale della storia

In fondo, dall’analisi presentata in questo studio emergono tre messaggi semplici:

1. Il 2024 è stato un anno storico per l’attività solare
Le tempeste di maggio e ottobre hanno prodotto aurore a bassa latitudine e disturbi geomagnetici tra i più forti mai registrati nella nostra epoca strumentale.

2. Il Sole segue dei “ritmi nascosti”
Non è solo questione di macchie solari: esistono asimmetrie tra nord e sud e cicli interni, su scale di anni e decenni, che aumentano o riducono la probabilità di grandi eventi.

3. Dobbiamo imparare a convivere con il meteo spaziale
Le super tempeste solari sono rare, ma reali. In un mondo ipertecnologico, ignorarle sarebbe un errore strategico.

Per chi guarda il cielo, tutto questo significa più possibilità di aurore spettacolari anche a latitudini insospettabili.
Per chi gestisce reti, satelliti e infrastrutture, invece, è un messaggio molto chiaro:

Le luci danzanti nel cielo sono bellissime,
ma sono anche il segnale che il Sole sta mettendo alla prova
la resilienza del nostro pianeta tecnologico.


Nota: Questo articolo si basa sui risultati presentati in uno studio scientifico pubblicato sulla rivista internazionale Space Weather il 13 novembre 2025, intitolato “Solar Flare Activity, 1937–2024: Introducing the New Hemispheric Solar Flare Index (hSFI) in the Context of 2024’s Major Solar Storm Events” di Velasco Herrera, Soon, Knoška, Lamy, Özgüç e altri coautori, Space Weather, Vol. 23, n. 11, 2025.

Redazione

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